Siamo solidali con l’infermiera cinquantenne Farida C. che - dopo aver contratto il COVID-19 mentre stava curando i pazienti colpiti dal virus presso l’ospedale Paul-Brousse di Villejuif presso cui lavora - si trova ora a dover rispondere alle accuse di aver lanciato, la scorsa settimana, dei proiettili per difendere alcuni manifestanti dagli attacchi dei gendarmi parigini. Entrambe le attività dimostrano enorme coraggio e abnegazione. Combattere il COVID-19 e combattere la violenza della Polizia sono due aspetti dello stesso programma.
Giovedì 16 giugno 2020, dopo mesi in prima linea lottando per salvare le vite minacciate dal COVID-19, gli operatori sanitari francesi sono scesi in piazza per difendere i loro diritti e per denunciare la mancanza di fondi e personale che, da decenni, affligge gli ospedali pubblici del Paese.
Ogni volta che in Francia sale al potere un nuovo Governo, è sempre la solita solfa: non ci sono soldi per gli ospedali pubblici. Come risultato di queste politiche, il personale ospedaliero continua a fare sempre più straordinari con sempre meno mezzi per offrire un trattamento adeguato ai pazienti.
La pandemia di COVID-19 ha aggravato i loro problemi – eppure, allo stesso tempo, il Governo francese stava osannando gli operatori sanitari come eroi in prima linea nella guerra contro il virus, promettendo di migliorarne le condizioni e proclamando che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutare gli ospedali. Le autorità hanno persino chiesto alla popolazione di stare alla finestra ogni sera alle 20.00 e di applaudire per esprimere solidarietà nei confronti di chi lavora nelle strutture sanitarie.
Molti operatori hanno capito che questa nuova retorica era solo una messinscena politica volta a manipolare il pubblico. In effetti, il Governo non aveva dei piani veri e propri per migliorarne le condizioni. Azioni, non parole, ecco ciò che veniva richiesto, cambiamenti concreti che migliorerebbero la situazione del personale ospedaliero.
Il 16 giugno 2020, nel corso della prima manifestazione concessa dall’inizio della pandemia dalle autorità parigine, decine di migliaia di persone si sono radunate per mostrare solidarietà con gli operatori sanitari. Dopo 30 minuti, la testa del corteo si è fatta strada lungo l’Esplanade des Invalides, trovando la piazza completamente circondata dalle forze di polizia.
Gli scontri sono scoppiati, intensificandosi rapidamente quando i poliziotti hanno iniziato a lanciare lacrimogeni sulla folla. Per più di due ore, intorno alla piazza si sono verificati intensi scontri, con unità di agenti antisommossa (BRAV) che hanno ripetutamente caricato i manifestanti, eseguendo anche alcuni arresti. Come conseguenza della violenza della Polizia, molte persone con parecchi background differenti sono state costrette a prender parte a queste lotte.
Ciò è stato fatto anche da alcuni operatori sanitari e questo è il caso di Farida C., un’infermiera cinquantenne dell’ospedale Paul-Brousse di Villejuif, che negli ultimi tre mesi, ha lavorato dalle 12 alle 14 ore al giorno curando pazienti la cui esistenza era minacciata dal COVID-19. Mentre stava salvando la vita altrui, ha contratto il virus come conseguenza della mancanza di attrezzature adeguate per combattere la pandemia. Ecco perché era in piazza a manifestare, chiedendo al Governo di mantenere le promesse di riconoscere una miglior retribuzione del personale sanitario e riconoscendo l’importanza del loro lavoro. L’unica risposta fornitale dalle autorità - e a tutti gli altri lì presenti - è stata una pioggia di lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma.
Così come aveva rischiato la vita per salvare chi era stato colpito dal COVID-19, ha fatto la difficile scelta di difendere se stessa e gli altri manifestanti dalla violenza asimmetrica degli agenti antisommossa pesantemente armati. Per sua stessa ammissione, in risposta ai ripetuti attacchi della polizia, Farida si è unita ad altri ricorrendo al lancio di proiettili per tenere gli ufficiali corazzati a distanza dalle persone che stavano cercando di ferire e trascinar via.
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In tutta risposta, un gruppo di agenti l’ha arrestata brutalmente, afferrandola per i capelli e trascinandola a terra, sostenendo che aveva lanciato proiettili verso di loro. Mentre era a faccia in giù a terra, un ufficiale le ha messo un ginocchio sulla schiena per immobilizzarla. La donna ha dichiarato di essere asmatica e di aver bisogno del suo inalatore ma gli agenti hanno ignorato le sue richieste. Riprese video e foto la mostrano con il viso insanguinato dopo essere stata ammanettata. Mentre gli ufficiali la stavano trascinando via per trasferirla in una Stazione di Polizia, ha tentato di urlare il suo nome in modo tale che gli altri manifestanti sapessero che era stata arrestata ma i poliziotti hanno cercato di zittirla coprendole la bocca.
È stata rilasciata dopo 24 ore di custodia. Accusata di “oltraggio a pubblico ufficiale, ribellione e violenza contro un pubblico ufficiale,” è in attesa del processo che si terrà il 25 settembre. Rischia fino a tre anni di carcere e una multa di 45.000 euro.
Dal nostro punto di vista, non esistono differenze sostanziali tra il coraggio e l’abnegazione mostrati da Farida nella cura delle vittime del COVID-19 e il coraggio e l’abnegazione mostrati nel difendere i manifestanti dagli attacchi della Polizia. Sia il COVID-19 sia la Polizia come istituzione cercano di ricreare il mondo con le loro fattezze disumane, a prescindere dal fatto che ciò possa comportare la perdita della vita. Siamo solidali con gli infermieri e i ribelli di tutto il mondo che bloccano la loro avanzata: sono in prima linea per lottare contro morte e oppressione.
Il problema di fondo non è né una pandemia particolare né l’aggressione di determinati agenti di polizia. Sono le gerarchie interconnesse di capitalismo e Stato che mettono sistematicamente in pericolo intere popolazioni, concentrando il controllo delle risorse necessarie per sopravvivere nelle mani di pochi egoisti.
Libertà per Farida!
Anche combattere la polizia è assistenza sanitaria!
Qui puoi guardare un’intervista a Farida.