Russia: Mobilitazione e Resistenza

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Il movimento russo per la guerra può essere all’altezza della sfida?

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Il 21 Settembre, dopo la controffensiva ucraina verificatasi all’inizio dello stesso mese, Vladimir Putin ha annunciato “una mobilitazione parziale” della popolazione russa, per supportare la “operazione speciale” che l’esercito russo sta conducendo in Ucraina dallo scorso Febbraio. Nella seguente analisi, scritta in collaborazione con gli anarchici russi, che include il materiale tradotto dal loro progetto avtonom.org, esaminaiamo la risposta del movimento russo contro la guerra e il potenziale di disordini nella società russa in generale.

Se state cercando un modo per sostenere gli anarchici che si stanno mobilitando in Russia, prendete in considerazione la possibilità di fare una donazione a avtonom.org, probabilmente la principale piattaforma mediatica anarchica russa.


Alla fine di Marzo 2022, abbiamo scritto che la prima fase del movimento russo contro la guerra aveva raggiunto i suoi limiti, soppresso principalmente con la forza bruta. Avevamo previsto che la fase successiva non avrebbe preso il via fino a quando le sanzioni economiche e i rapporti sulle vittime non avessero iniziato a pesare sui russi comuni. Contrariamente alle aspettative, tuttavia, l’economia russa non è crollata – in parte grazie alla fedeltà dei capitalisti occidentali al petrolio russo – e Putin è riuscito a minimizzare i contraccolpi a Mosca e a San Pietroburgo, attirando le reclute in modo sproporzionato dalle città più piccole.

L’altro sviluppo che potrebbe mettere a dura prova la società russa è la mobilitazione di coloro che sono stati arruolati per il servizio militare: in Russia infatti tutti gli uomini dai 18 anni in su sono soggetti alla leva. Dopo aver subito perdite a cinque cifre, Putin ha finalmente optato per questo approccio. Si sentono già storie di persone arruolate a forza nell’esercito russo. Questo significherà che la guerra si protrarrà all’infinito o potrebbe aprire una nuova era di instabilità politica in Russia?

A nostro avviso, un movimento combattivo contro la guerra in Russia rimane l’unica speranza per la pace nell’intera regione ex sovietica.

Come abbiamo sostenuto a marzo,

“L’unico modo in cui questa guerra avrebbe potuto essere evitata - e probabilmente l’unico modo in cui può essere fermata ora senza una tremenda perdita di vite umane da entrambe le parti - sarebbe se un potente e internazionalista movimento contro la guerra scoppiasse in Russia, destabilizzando il governo di Putin, auspicabilmente seguito da qualcosa di simile in Ucraina e altrove nel mondo. Se la guerra si trascina all’infinito o si conclude con la forza bruta del militarismo nazionalista, ciò spingerà le persone da tutte le parti del conflitto in campi nazionalisti e militaristi per decenni a venire.

Ma se la guerra in Ucraina si concluderà grazie alla ribellione e alla solidarietà della gente comune, ciò potrebbe costituire un precedente per altre ribellioni, altri ammutinamenti e altra solidarietà, che potrebbero diffondersi dalla Russia all’Ucraina, all’Europa occidentale e agli Stati Uniti.

Il problema è che nell’ultimo decennio e mezzo, Putin ha sistematicamente schiacciato tutti i movimenti in Russia, così come nelle nazioni circostanti. Innumerevoli russi, che altrimenti avrebbero potuto costituire la spina dorsale di un movimento russo contro la guerra, sono già in prigione o in esilio. Come hanno osservato gli anarchici di Irkutsk su Telegram il giorno dopo che Putin ha annunciato la “mobilitazione parziale”:

L’estate è stata un periodo di recessione. Nessuno protestava, e se protestavano, lo facevano in forma individuale, ed era più un attivismo quotidiano.

Ieri la situazione è cambiata di nuovo. E come qualcuno ha scritto alla fine di febbraio: “Congratulazioni, abbiamo una situazione rivoluzionaria, ma ci affrettiamo ad aggiungere che non abbiamo una forza rivoluzionaria nel nostro Paese”.

Come si fa a creare un movimento rivoluzionario in condizioni di estrema repressione? Questa è più o meno la stessa domanda con cui la gente ha lottato in Iran negli ultimi dieci anni, anche se con maggiore volatilità.

L’annuncio della “mobilitazione parziale” ha provocato una nuova ondata di emigrazione. Lunghe file sono apparse alle frontiere, anche al confine con la Mongolia. Ironia della sorte, se la Russia riuscirà a mettere in sicurezza i suoi confini contro i disertori per rendere effettiva la coscrizione, ciò potrebbe anche chiudere la valvola di pressione che ha reso finora sostenibile l’autocrazia russa.


Immediatamente dopo che Putin annunciò “la mobilitazione parziale”, i manifestanti sono scesi in piazza in tutto il paese. Come in febbraio e in Marzo, le femministe hanno contribuito ad organizzare molte delle manifestazioni. Le manifestazioni 21 Settembre e di quest’ultimo fine settimana non sono state così grandi come le manifestazioni della prima ondata di proteste. Ma, considerato che le pene sono state inasprite al punto tale che ora si possono passare anni di prigione solo per aver tenuto un cartello, è impressionante che siano avvenute. (Come appassionati della poesia di Vladimir Mayakovsky, vorremmo inviare un caloroso saluto ai manifestanti arrestati per aver tentato di leggere poesie contro la guerra presso il monumento a lui dedicato in Piazza Triumfalnaya).

La polizia ha risposto a tutte queste manifestazioni con la forza brutale, come sempre. Inoltre, la stessa mobilitazione militare viene usata in modo punitivo: a molti arrestati è stato notificato l’avviso di mobilitazione nelle stazioni di polizia in cui sono stati portati. Naturalmente, queste pratiche contribuiranno ad alimentare l’inquietante impressione che la mobilitazione sia una manovra di parte da parte del governo di Putin, che prende di mira settori della popolazione piuttosto che perseguire un obiettivo patriottico - e questo potrebbe far sì che anche le truppe al fronte siano meno affidabili.

Le proteste più interessanti si sono verificate nelle piccole città della periferia della Russia, dove i manifestanti hanno iniziato a cercare di difendersi. Nel villaggio di Endirei, in Daghestan, ad esempio, la polizia è stata costretta a sparare sulla testa dei manifestanti per riprendere il controllo. A Makhachkala, la capitale del Daghestan, i manifestanti hanno tentato di bloccare una strada e si sono scontrati con la polizia. Se la rete di controllo russa comincia a sfilacciarsi, lo farà ai bordi, non al centro della metropoli.

Dato che la protesta convenzionale è tanto costosa, la principale forma di protesta che ha guadagnato slancio negli ultimi sette mesi è stata quella degli attacchi clandestini, in particolare gli incendi ai centri di reclutamento e il sabotaggio delle ferrovie. Prima dell’annuncio della “mobilitazione parziale”, dall’invasione dell’Ucraina c’erano stati almeno 37 attacchi incendiari contro uffici di arruolamento militare ed edifici amministrativi; la mattina del 25 settembre, dopo l’annuncio di Putin della mobilitazione, erano stati segnalati almeno altri 17 attacchi di questo tipo. Un altro si è verificato mentre stavamo completando questo rapporto, portando il totale a 55 attacchi.

Alcuni di questi attacchi potrebbero essere opera di anarchici organizzati, come quelli associati alla clandestina Anarcho-Communist Combat Organization, che ha ricevuto una notevole pubblicità da quando li abbiamo intervistati il mese scorso. Altri sono semplicemente atti di disperazione. Nelle ultime 24 ore, un uomo che protestava contro la mobilitazione si è dato fuoco alla stazione degli autobus di Ryazan. Un altro ha sparato al capo della commissione di reclutamento nella città di Ust-Ilimsk, Irkutsk. Secondo quanto riferito, mentre il commissario militare stava istruendo le reclute, l’aggressore ha dichiarato “Nessuno va da nessuna parte!” e lo ha ucciso con un proiettile. Come in Kazakistan, il fatto che la protesta sia così difficile significa che la linea di demarcazione tra l’uscire in strada con un cartello disegnato a mano e il decidere di uscire da soli con una tanica di benzina o un’arma da fuoco improvvisata è più sottile di quanto non lo sia in Europa occidentale e negli Stati Uniti.

Anche se finalmente si sta pensando che, messo alle strette, Putin possa un giorno perdere la sua presa sul potere, non è affatto garantito che ciò che verrà dopo sarà migliore. Il nazionalismo frustrato è il classico terreno di coltura del fascismo e molti di coloro che hanno osato criticare la politica estera di Putin sono falchi che hanno chiesto una politica più aggressiva nei confronti dell’Ucraina e dei suoi alleati. Putin ha coltivato leali movimenti nazionalisti e fascisti mentre ha schiacciato movimenti e sottoculture autonome e antiautoritarie, e l’eredità dell’Unione Sovietica ha screditato le proposte di sinistra e comuniste nella mente di milioni di russi.

Dobbiamo indirizzare risorse e sostegno agli anarchici russi e ai manifestanti contro la guerra, in modo che abbiano a disposizione i mezzi necessari per far valere le loro ragioni presso gli altri russi, non solo per la fine della guerra in Ucraina, ma anche per un nuovo modello di società che segua il regime di Putin, più partecipativo ed egualitario. La frenesia capitalistica che ha avuto luogo dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 è stata un disastro di proporzioni catastrofiche; è comprensibile che molti russi temano di conseguenza il cambiamento, e spetta agli anarchici dimostrare che la trasformazione sociale potrebbe avere risultati diversi.

Come abbiamo sostenuto in La rivolta in Kazakistan,

“Un vero cambiamento sociale - nella zona russa come in Occidente - richiederà una lotta prolungata. Rovesciare il governo è necessario, ma non sufficiente: per difendersi dalle future imposizioni politiche ed economiche, la gente comune dovrà sviluppare un potere collettivo su base orizzontale e decentrata. Questo non è il lavoro di un giorno o di un anno, ma di una generazione”.

La polizia russa lotta per mantenere il controllo sui manifestanti a Endirei, Daghestan.

Abbiamo a lungo sottolineato che la situazione in Russia non merita la nostra attenzione perché rappresenta un caso eclatante ed eccezionale di oppressione statale, ma piuttosto perché è una variante della stessa situazione che tutti noi affrontiamo in tutto il mondo. L’autocrazia totalitaria non ha perso terreno nel XXI secolo come modello di potere statale. Sta guadagnando terreno in Europa - si veda la vittoria elettorale dell’estrema destra in Italia di questa settimana - così come negli Stati Uniti.

Con l’intensificarsi dei conflitti per le risorse, esacerbati dalle crisi ecologiche, probabilmente assisteremo ad altre guerre come quella in Ucraina. In effetti, ciò si sta già verificando altrove nell’ex Unione Sovietica, con l’intensificarsi delle ostilità tra Tagikistan e Kirghizistan, Azerbaigian e Armenia. Coloro che lottano contro l’autoritarismo e il militarismo in Russia oggi stanno combattendo le stesse cose che noi dobbiamo combattere in altre parti del mondo, e dovremmo imparare da loro e sostenerli.

In un regime totalitario, a volte il posto più libero è il retro di un veicolo per gli arresti.


La notte del disertore

Quello che segue è una traduzione dell’episodio del 25 settembre del podcast settimanale della rete e piattaforma mediatica anarchica russa, avtonom.org.

Sabotare la mobilitazione

La notizia principale della settimana è la cosiddetta “mobilitazione parziale” annunciata dal cosiddetto Presidente Putin. Non c’è nulla di “parziale”: la popolazione della Russia viene semplicemente data in pasto al Ministero della Difesa: il Ministero prenderà tutta la gente che vuole come carne da cannone. Prima si porterà via i patrioti sciovinisti, poi gli abitanti apolitici della città e infine si prenderà gli intellettuali rimasti, anche se di utilità limitata.

È un gesto di disperazione da parte di Putin: dimostra che la strategia di condurre una rapida guerra convenzionale in Ucraina è definitivamente fallita, che la Russia ha esaurito il suo esercito più o meno professionale, che non ha la supremazia aerea, che le armi moderne si stanno esaurendo e che non resta che riempire la prima linea con i cadaveri di uomini a caso provenienti da tutto il Paese. E naturalmente questa mobilitazione non cambierà nulla dal punto di vista strategico nella guerra (a meno che non avvicini la fine di Putin). Da un lato, questo è un bene: se l’impero russo cominciasse a vincere, nel lungo periodo sarebbe molto peggio per tutti coloro che vivono in Ucraina (e anche in Russia). Ma a breve termine, la mobilitazione porterà solo grandi sofferenze ai russi che finiranno schiacciati dalle misure del regime, come quelli presi in un qualsiasi insensato tritacarne imperiale.

Cominciamo dal fatto che i mobilitati perderanno il lavoro (i contratti di lavoro, a quanto pare, sono semplicemente sospesi per i mobilitati, ma è chiaro che in realtà nessun capo aspetterà il ritorno dei potenziali 200 [“200” è un’espressione russa per indicare un soldato ucciso in azione]), e concludiamo con gli ovvi rischi della carne da cannone in prima linea. Si può tornare dall’esercito che combatte in Ucraina o in una bara, o ricoverati in ospedale con una grave ferita, o come disertore, che in questo caso è un reato penale che comporta una vera e propria pena detentiva. In altre parole, anche da un punto di vista puramente pragmatico, è più intelligente evitare l’esercito e la mobilitazione, anche dopo aver ricevuto la convocazione e, nel peggiore dei casi, ricevere una multa o una sospensione della pena.

Tuttavia, per ora, le code di volontari o di impavidi idioti sono ancora in attesa. Il comportamento di coloro che ora sono pronti a recarsi doverosamente alla commissione di leva, anche se per ora c’è solo una punizione amministrativa per la mancata presentazione (e molte guide sono uscite al riguardo), ci ricorda la vecchia barzelletta sovietica, in cui comunicavano a degli operai di una fabbrica: “Domani impiccheremo tutti sul terreno di questo stabilimento! Avete domande?” e in risposta una voce timida si leva dal pubblico: “Dobbiamo portare con noi una corda e del sapone, o saranno distribuiti nel sindacato?”. [In russo, “corda e sapone” è un’espressione che indica ciò che serve per impiccarsi; il sapone serve a non far scivolare la corda]. A questo proposito è particolarmente divertente che a Mosca uno dei punti di mobilitazione sia stato allestito nel Museo Darwin - apparentemente per consegnare immediatamente il Premio Darwin a chi si presenta. Come scrisse Hannah Arendt, “queste persone non erano cattivi, pervertiti o sadici: no, la cosa peggiore è che erano e restano terribilmente, terribilmente normali”.

Non dubitiamo che i nostri lettori non aspirino alla guerra di conquista imperialista di Putin. Cosa dovrebbero fare, se si trovano di fronte alla minaccia di essere mobilitati? [Nell’originale russo c’è un gioco di parole: mobilizatsiya, il russo per “mobilitazione”, è adattato a “moGilizatsiya”, perché mogila è russo per “tomba”]. C’è solo una risposta: sabotarla in tutti i modi possibili. Ora, nel settembre 2022, si avvicina il vero “Giorno del Disertore”. [In Russia, il 23 febbraio si celebra la Giornata del Difensore della Patria, in onore di tutti coloro che hanno prestato servizio militare. Tradizionalmente, gli anarchici organizzano eventi antimilitaristi in quel giorno, chiamandolo “Giorno del Disertore”].

Non recatevi agli uffici di arruolamento militare, non accettate mandati di comparizione e non rimanete all’indirizzo in cui siete registrati. Non dite alle autorità dove siete: lasciate che cerchino di trovarvi. Potete fare domanda per il servizio civile alternativo indipendentemente dalle vostre reali convinzioni. Non andate al lavoro, prendete un congedo per malattia. In generale, sentitevi liberi di infrangere le loro leggi: la vostra vita è più importante.

Un’altra opzione è quella di fuggire dal Paese. Per esempio, la Germania sembra essere pronta ad accogliere i disertori dell’esercito russo. In questo caso, ognuno dovrebbe decidere per sé, ma è chiaro che non tutti hanno le risorse per lasciare la Russia, né il desiderio di farlo. Inoltre, c’è la possibilità di essere trattenuti quando si attraversa il confine.

Infine, ricordate la solidarietà, l’assistenza reciproca e l’attività collettiva. Se tutti se ne stanno in cantina da soli o se ne vanno in Georgia, Putin governerà per sempre [in russo si dice “il Putin collettivo”, cioè la mentalità generalizzata di rassegnazione e obbedienza]. Partecipare ad azioni contro la mobilitazione. Le proteste di piazza contro la guerra del 24 settembre non hanno attirato un numero particolarmente elevato di persone. Ma sembra esserci una certa radicalizzazione: a Mosca i manifestanti hanno strappato i detenuti alla polizia. In ogni caso, è meglio essere incarcerati per 15 giorni o anche per 10 anni che essere fatti a pezzi da un proiettile HIMARS [un lanciarazzi leggero di fabbricazione statunitense] o colpiti da banditi dei distaccamenti di Kadyrov da qualche parte vicino a Bakhmut [Ramzan Kadyrov è il capo della Repubblica cecena e un tenente generale dell’esercito russo; Bakhmut è una città dell’Oblast’ di Donetsk].

È l’azione collettiva che può cambiare la situazione nel Paese, non i singoli individui che cercano di salvarsi da soli. Azione con tutti i mezzi disponibili. Se ci sediamo in disparte ora, pochi se la caveranno. Il giorno in cui è stata annunciata la mobilitazione, gli uffici di registrazione e arruolamento militare hanno iniziato a prendere fuoco più spesso, e più ne bruciano, più la mobilitazione procederà lentamente. Inizia la notte del disertore. Ma attenzione: è importante che almeno alcuni anarchici siano ancora in Russia e in libertà quando le proteste inizieranno ad attirare un gran numero di persone.

In ogni caso: sabotare la mobilitazione, gettare sabbia negli ingranaggi della macchina della morte. Anche se si convincono solo un paio di conoscenti a non accettare le citazioni, questo è già un atto importante.

Manifestanti contro la guerra a Makhachkala rispondono alla brutalità della polizia.

La situazione è destinata a peggiorare

La Russia sta perdendo la guerra convenzionale (non nucleare) in corso. Sì, e un Paese arretrato e semi-industrializzato non può combattere contro quasi tutto il mondo, anche se ha un territorio molto vasto (semmai, questo rappresenta una vulnerabilità aggiuntiva). Pertanto, se tutto continua come sta accadendo ora, il futuro della Russia è la capitolazione, i risarcimenti, la povertà e una probabile disintegrazione (volontaria o meno). Sarà dura per le persone sul territorio dell’attuale Federazione Russa, ma almeno avranno la possibilità di ricostruire le loro società da zero. Anche le forze antiautoritarie possono svolgere un ruolo significativo in questo senso, e non importa se si chiamano “anarchici” o una sorta di “vaghi democratici”.

C’è un altro risultato: spaventato dalla prospettiva di ripetere il destino di Gheddafi, Putin lancia le armi nucleari (sempre che non si siano già arrugginite del tutto). È difficile prevedere l’ulteriore sviluppo degli eventi, ma questa minaccia non è limitata al territorio dell’Ucraina. Quindi questa possibilità è molto peggiore della precedente. Come prevenirla - e se i movimenti politici di base possano in qualche modo influenzarla - è una questione aperta. In ogni caso, le armi nucleari non sono una buona idea in linea di principio, e le armi nucleari nelle mani di un vecchio rimbambito al Cremlino sono peggio.

La guerra si diffonde

Come sempre accade, sotto la copertura della guerra in Ucraina, anche i Paesi vicini iniziano a risolvere i loro problemi con la forza militare. Qui, il Tagikistan sta scambiando fuoco con il Kirghizistan al confine; là, l’Azerbaigian attraversa il confine con l’Armenia e occupa nuovi territori, e tutto questo comporta cadaveri e feriti. L’attenzione del mondo è rivolta all’Ucraina: perché non approfittarne? È così che sono iniziate le guerre mondiali.

Non dobbiamo dimenticarlo, dovremmo almeno prestare attenzione ai piccoli imperialisti come l’Azerbaigian. Dopo tutto, si impara qualsiasi cosa attraverso il confronto: La Russia, rispetto agli Stati Uniti, è anch’essa un piccolo imperialista, ma questo non significa che dovremmo chiudere un occhio sulle sue malefatte (anche se ce lo dicono Noam Chomsky e Roger Waters, che sono protetti in modo affidabile dagli elettrodi dell’FSB [la polizia segreta russa] da passaporti americani e britannici).


La polizia russa attacca i manifestanti a San Pietroburgo - sopprimerà le ultime vestigia di dissenso in Russia, o la trasformerà in una pentola a pressione?